L'ascensore sociale esiste ancora o è fuori uso?
Che cosa si intende per “ascensore sociale”?
Nel vocabolario Treccani, per ascensore sociale s’intende Processo che consente e agevola il cambiamento di stato sociale e l’integrazione tra i diversi strati che formano la società. E se in passato la Scuola come ascensore sociale ha funzionato, oggi, dopo anni di mancata manutenzione, l’ascensore si è fermato. Secondo gli esperti, la Scuola dovrebbe essere più aperta e inclusiva: una scuola attenta soprattutto ai segnali nei contesti sociali più complessi e difficili. Solo così riuscirà a svolgere ancora la sua funzione di ascensore sociale.
Negli anni l’istruzione e la formazione hanno rappresentato uno strumento di riscatto e di elevazione sociale e hanno giocato un ruolo determinante nel miglioramento delle condizioni di vita per le generazioni uscite dai due conflitti mondiali. La scuola media unica degli anni 60 fu poi un vero e proprio ascensore sociale perché diede inizio all’idea di un’istruzione aperta a tutti. Ma oggi questo ruolo non è più riconosciuto alla scuola. Infatti essa non riesce più a contrastare la povertà educativa crescente: scarse possibilità economiche limitano l’apprendimento, mancate opportunità di studio generano esclusione sociale e povertà materiale.
La povertà educativa viene definita da Save the Children come la privazione della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni di bambini, bambine e adolescenti. È l’impossibilità di accedere a risorse economiche, cognitive e culturali per la promozione della propria libertà individuale, ossia a tutte quelle esperienze educative offerte dal territorio in cui i ragazzi e le ragazze vivono.
Secondo il rapporto Save the Children del 2022 sulla povertà educativa in Italia il 67,6% dei minori di 17 anni non è mai andato a teatro, il 62,8% non ha mai visitato un sito archeologico e il 49,9% non è mai entrato in un museo. Il 22% non ha praticato sport e attività fisica e solo il 13,5% dei bambini e delle bambine sotto i tre anni ha frequentato un asilo nido.
In Italia, ma non solo, (vedi SCARICABILE 2) oggi chi nasce in una famiglia povera e con un basso livello di istruzione nella maggior parte dei casi muore nelle stesse condizioni.
Lo dimostrano gli ultimi dati disponibili di Eurostat 2020: il 53 per cento dei minori a rischio povertà o esclusione sociale ha genitori che non hanno il diploma. Il 10 per cento ha genitori laureati. Anche da un’analisi dei risultati delle prove Invalsi del 2022 (i test che annualmente valutano i livelli di apprendimento degli studenti sul territorio nazionale) si traggono le stesse conclusioni: più il punteggio delle prove è alto, più è elevato il livello sociale, economico e culturale delle famiglie in cui gli studenti sono cresciuti.
Ma che merito ha il più bravo della classe se vive in una casa in cui si parla correttamente l’italiano, ha uno spazio adatto a studiare, gli strumenti per farlo e familiari disposti a spiegargli quello che non ha capito durante le lezioni? La scuola invece di essere equa, di garantire a tutti le stesse opportunità di conoscenza, certifica le disuguaglianze. Basta pensare alle spese che ogni famiglia deve affrontare per il materiale scolastico. E ai costi dei viaggi di istruzione, sostiene Aurora Iacob, del sindacato studentesco Rete degli studenti medi: Chi è in difficoltà resta senza libri, non va in gita, non si può permettere le ripetizioni. Ottiene risultati più bassi e per questo viene considerato inferiore. Si demotiva e abbandona il percorso formativo con più facilità. La scuola dovrebbe offrire a tutti gli stessi strumenti, invece non lo fa. (L'ascensore sociale è fermo)
L’ISTAT, che ha redatto il Rapporto SDGs 2023 (Sustainable Development Goals, obiettivo 4/ Istruzione di Qualità) dell’Agenda 2030, rileva che l’Italia è lontana dai target europei: laureati 29,2% contro 42% europei, ma soprattutto molti studenti italiani alla fine della scuola superiore non hanno né competenze alfabetiche (48%) né competenze matematiche (49%) adeguate. Per non parlare delle competenze digitali inadeguate per le persone tra i 16 e i 74 anni (solo il 45,7% ha competenze adeguate, mentre il target fissato è dell’ 80%). Alta è ancora la dispersione scolastica al Sud.
Compito della Scuola dovrebbe essere quello di fornire lo stesso diritto alla conoscenza, così da permettere a tutti i ragazzi e le ragazze di raggiungere il proprio successo formativo e soddisfare le proprie aspirazioni di vita e professionali.
È quindi necessario che la Scuola sia uno strumento di equità, per appianare le disuguaglianze sociali.
Per questo, l’Italia ha incluso misure specifiche nel PNRR e finalizzato i fondi al raggiungimento di alcuni target dell’Agenda 2030, fondi che dovranno essere indirizzati all’adozione di riforme per la formazione dei docenti, per migliorare il rapporto con la rete degli imprenditori e colmare il divario tra domanda e offerta di lavoro negli ITS (Istituti Tecnici Statali). Ed ancora incrementare l’orientamento universitario, aumentare il tempo scuola, intervenire sulle politiche attive del lavoro/formazione ed adeguare l’edilizia scolastica. Quindi molto dipenderà dai decreti attuativi delle riforme che vedranno la luce ed alcune criticità sono già state rilevate come la mancanza di una differenziazione tra il personale docente. (L'ascensore sociale è fermo)
Ma perché la Scuola di oggi non riesce più ad assolvere questo compito: cioè a rimettere in moto l’ascensore sociale?
Il professor Contessi, docente in un istituto romano e autore di Scuola di Classe, la Scuola italiana oggi è classista afferma: Ho utilizzato il termine classismo per riferirmi a quei meccanismi che vincolano la posizione sociale di un individuo ai blocchi di partenza. Classismo significa che l’ascensore sociale si è rotto, oppure è fuori uso. E se in passato era socio-economico, oggi assistiamo ad un altro tipo di classismo: quello culturale. (L’ascensore sociale passa per la Scuola?)
Infatti, l’ISTAT precisa che, anche se i recenti dati segnalano che l’85% dei nostri giovani raggiunge il titolo di maturità, sembra però che essi non risultino preparati quando vengono messi alla prova dagli osservatori dei principali Istituti di indagine esterni alla Scuola: OCSE, ISTAT, AlmaDiploma, Fondazione Agnelli.
Addirittura quasi quattro ragazzi su dieci sono in difficoltà, a parità di titolo di maturità. Se poi consultiamo l’Indagine PIAAC sulle capacità di leggere, scrivere e far di conto degli italiani da 16 a 65 anni, continua il professore, di questi quattro ragazzi almeno tre restano deboli anche da adulti. Altri 4 di questi hanno capacità di base ma sono in difficoltà ad avere un pensiero critico e distinguere una notizia vera da una fake news, e solo tre adulti su dieci mostrano capacità piene e consapevoli. (L’ascensore sociale passa per la Scuola?)
Le indagini statistiche ci mostrano che in Italia esiste un 30% della popolazione giovane con una solida formazione: sono laureati, leggono almeno tre libri l’anno, viaggiano, consultano spesso un quotidiano o un sito, frequentano cinema, mostre, teatri e concerti. Sono giovani che hanno ricevuto un’eredità culturale dalle loro famiglie e il cui andamento scolastico è sempre stato positivo: al contrario di quel 30% debole, poco propenso allo studio, che proviene da famiglie con un bagaglio culturale povero.
Questo è il nuovo classismo culturale.
Il vero problema è la consegna al mondo del lavoro di tre ragazzi su dieci capaci e sette ragazzi su dieci contenti ma molto confusi: il loro titolo di studio non rispecchia quello che loro sanno veramente fare. I dati statistici confermano tutto ciò: il Ministero dell’Istruzione comunica che ormai dal 2001 solo il 30% dei diplomati si iscrive all’università. Ma più di loro preoccupa quel 25% di ragazzi che diventa NEET, cioè non studia, non lavora e non entra in formazione sostiene il professor Contessi.
La Scuola di oggi dovrebbe attivarsi per cercare di ridurre il condizionamento dell’origine sociale, ampliando l’accesso ai livelli elevati di istruzione anche agli studenti provenienti da background disagiati. Ma come? (Approfondimenti nello SCARICABILE 1)
È nostro dovere – dichiara il sottosegretario al MIM (Ministero dell’Istruzione e del Merito), Paola Frassinetti – garantire che la scuola ridiventi un ascensore sociale e che il successo dipenda dal talento e dalle capacità e non dalle condizioni economiche. Facciamo della scuola il cuore pulsante della nostra Nazione, riaffermando il suo ruolo fondamentale nella vita di ogni ragazzo e di ogni ragazza.
E la famiglia?
Non è solo nella scuola che si decide il destino dei nostri ragazzi. Anzi la famiglia ha proprio a che fare con l’ascensore sociale.
Spesso dietro un bambino che legge poco o non gode di occasioni di socializzazione con i propri coetanei ci sono genitori che non ritengono significative ed educative esperienze di questo tipo. Per tali ragioni il contrasto alla povertà educativa diventa uno sforzo “ubiquitario” e si esprime in modo differente attraverso una pluralità di contesti in un processo continuo e diffuso che contraddistingue l'apprendimento per l’intera vita quotidiana: dalla famiglia, ai luoghi di lavoro e di apprendimento; dalle relazioni amicali al tempo libero. (La povertà educativa in Italia: dati, conseguenze e metodi per il contrasto)
L’apprendimento non avviene solo a scuola.
Come affermava Maria Montessori: Per aiutare un bambino, dobbiamo fornirgli un ambiente che gli consenta di svilupparsi liberamente.
Per questo dobbiamo prestare attenzione sia alla famiglia e all’educazione genitoriale come a quella sociale e territoriale coinvolta nella formazione dei ragazzi. E più l’ambiente familiare è ricco, stimolante e partecipativo, più offre opportunità in connessione con le offerte culturali del territorio. Per questo servono politiche sociali che diano respiro e motivazione ai nuclei familiari e che aiutino le famiglie in difficoltà a causa di fragilità personali, problemi familiari o questioni emotive.
Occorre quindi creare una solida collaborazione tra famiglie e docenti, tra genitori e scuola. Dobbiamo rafforzare il Patto educativo scuola/famiglia, che è la base dell’apprendimento: è solo nel lavoro comune che si realizza l’ideale della società educante, dove i giovani possano vivere in un ambiente ottimale per il loro sviluppo. Un patto che apre a una visione di corresponsabilità e co-costruzione del sapere e anche degli atteggiamenti dei nostri ragazzi nei rapporti con l’ambiente e con le persone, adulti e coetanei, con le quali interagiscono.
BIBLIO/SITOGRAFIA
• L'ascensore sociale è fermo
• L’ascensore sociale passa per la Scuola?
• L'ascensore sociale si è rotto, in Italia ma anche in Europa. Ecco perché
• L’ascensore sociale bloccato - È la scuola il problema?
• Eurostat: 2022, 95,3 milioni di persone erano a rischio di povertà!
• La povertà educativa in Italia: dati, conseguenze e metodi per il contrasto
• I canali di ingresso nel mondo del lavoro
• P. Mastrocola e L. Ricolfi, Il danno scolastico. La scuola progressista come macchina della disuguaglianza, La nave di Teseo, Milano 2021, p.177
• OECD, Ascensore sociale rotto? Come promuovere la mobilità sociale, Come si posiziona l’Italia, 2021, OECD (2018)
• P. Bianchi, Nello specchio della scuola. Quale sviluppo per l’Italia, Il Mulino, Bologna 2021, p. 46
• Gavosto, La scuola bloccata, Laterza, Bari Roma 2022, p. IX
• Rapporto Istat, l’ascensore sociale va in discesa HuffPost, 3 luglio 2020
• R. Saporiti, L’ascensore sociale si è rotto, in Italia ma anche in Europa. Ecco perché, Il sole 24 ore, 23 dicembre 2021
• E. Maraio, Il Paese cresce se riparte l’ascensore sociale, Il riformista, 9 agosto 2022
A cura di Viviana Rossi e Maria Enrica Bianchi
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