Dal MI al MIM: Ministero dell’Istruzione del Merito. Ma il merito di chi?
Che cosa si intende per merito? Il merito di chi: dei docenti degli studenti… di tutti?
Da qualche mese abbiamo un nuovo governo. La scuola ha un nuovo ministro: il professore Giuseppe Valditara. Il Ministero dell’Istruzione ha cambiato il nome e ora è Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM).
Ma che cosa si intende per merito?
Non solo: siamo sicuri che la specificazione del merito nella nuova denominazione del Ministero dell’Istruzione sia rivolto esclusivamente agli studenti e non includa anche i docenti e i vari attori del mondo della scuola?
Il cambiamento di denominazione del dicastero di Viale Trastevere ha subito destato molte polemiche e spesso le discussioni contrastanti che si leggono nei vari articoli sull’argomento nascono proprio per il fatto di non essersi prima assicurati di definire bene il tema in oggetto.
Chi non vorrebbe una società dove i più meritevoli venissero premiati e collocati nei ruoli di responsabilità, dove i capaci potessero godere delle occasioni migliori per crescere e contribuire al bene dell’intera comunità… sia che si tratti di adulti (docenti) che di ragazzi (studenti)? Naturalmente permettendo agli uni e agli altri di vivere e di operare in condizioni migliori di quelle in cui si trova ora la scuola italiana, che spesso vive in un clima di frattura con la società e con le famiglie.
Per rispondere, però, bisognerebbe iniziare a capire cosa si intende quando si parla di merito: il che non è sicuramente facile!
In letteratura, negli anni, si è passati dall’accezione negativa di Young alla rivalutazione di Abravanel. Lo spiega bene la professoressa Angela Gadducci nel suo articolo del 13/11/2022 pubblicato in Scuola7-308.
La paternità intellettuale dell’accezione negativa e distopica del termine meritocrazia
viene attribuita a Young. Tale nozione fu ripresa, mezzo secolo più tardi, e tradotta dall’ingegnere libico Roger Abravanel in una versione salvifica. L’autore accende un cono di luce sulla radicata mancanza di merito insita nei meccanismi che, in Italia, conducono le persone ai vertici del potere, finendo per rendere la nostra società “la più disuguale e ingiusta del mondo occidentale” (R. Abravanel, Meritocrazia, Garzanti, Milano, 2008)
Con il ribaltamento semantico si mettono in evidenza le ragioni del fraintendimento creatosi nel tempo attorno al termine meritocrazia: da parola concepita per indicare un sistema di abusi e diseguaglianze, si è trasformata in un principio-guida comunemente utilizzato per contrastare gli ordini imposti dal nepotismo e dal privilegio. Ciò spiega come il merito sia da molti ritenuto l’unico vero antidoto in grado di arginare fenomeni di corruzione e immoralità. Contro l’uso clanistico e privatistico di certe istituzioni che praticano il clientelismo o che, appellandosi al potente di turno, vanno alla ricerca della cosiddetta ‘raccomandazione’ o ‘spintarella’, il merito sta ad indicare ciò che di buono viene compiuto, cui fa seguito – a dimostrazione del suo valore – il riscontro da parte degli altri. (…) Con queste considerazioni, di fatto, il termine merito va a confluire verso il significato di competenza intesa come effettiva e concreta manifestazione di un’abilità nell’esecuzione di una determinata pratica umana. Trasferita nella pratica scolastica, la competenza, però, non rappresenta solo l’acquisizione di un’abilità puramente strumentale, e come tale osservabile e misurabile nel suo immediato farsi. (…) Per favorire il merito, la scuola deve, allora, intervenire sulle competenze insegnando ad apprendere per concetti, quali strategie di lettura della realtà, per rendere possibile l’impiego corretto e appropriato delle conoscenze acquisite, in modo da conferire senso e significatività ad ogni pratica umana, e per formare coscienze in grado di saper riconoscere la pericolosità delle trappole ideologiche della meritocrazia che, contami-nando il concetto stesso di merito, possono smantellare i cardini dell’uguaglianza sociale.
(Educazione e merito. La nuova sfida del Governo)
In ogni caso, la letteratura che tratta della meritocrazia (sia in accezione positiva che negativa) è molto abbondante, la possiamo vedere riassunta in un interessante articolo presente nel Quaderno di sociologia n. 64 | 2014 Rappresentazioni dell’istruzione e del merito scolastico - La società contemporanea / Scuola e merito: un binomio difficile? Credenze e rappresentazioni sull’istruzione e sul merito scolastico - Merito o fortuna? Il ruolo dell’origine sociale nelle attribuzioni di successo e insuccesso di Renzo Carriero, Marianna Filandri e Tania Parisi pagg. 73-96, di cui vi daremo un breve stralcio nello SCARICABILE 1.
Presentiamo subito, invece, una breve ricerca per precisare il significato etimologico della parola “merito”:
“Merito” è parola latina che deriva da una radice greca antica, comune anche alle parole che indicano parte, porzione, e anche spartire, dividere, distribuire, e termini vari da questi derivati. Successivamente si è avuto uno spostamento di significato: Pianigiani ci spiega come la parola latina meritus, derivata dalle greche indicate, corrisponda a ricompensa da distribuire; questo perché in genere un premio, e specialmente un bottino di guerra, andava spartito fra i vincitori, per cui l’originale significato di “diviso in parti” andò per antonomasia a significare il premio che doveva esser diviso. Successivamente, è avvenuto un ulteriore passaggio semantico, perché, ci informa sempre l’ottimo Pianigiani, si è voluto significare con merito non più solamente il premio da dividere, la ricompensa, ma anche tutto ciò che rende degno di essi, di lode, di gratitudine, e anche di biasimo o di pena. Ed è questo il significato attuale, legato ad un giudizio circa il modo in cui si è agito per raggiungere un risultato, che può essere ritenuto apprezzabile o meno.
(Discutiamo di merito e non siamo d'accordo nemmeno sul significato della parola)
Ma vediamo anche i significati scritti in alcuni dizionari:
Vocabolario Treccani
mèrito (poet. mèrto) s. m. [dal lat. merĭtum, der. di merere «meritare»].
1. a. Il fatto di meritare, di essere cioè degno di lode, di premio, o anche di un castigo: premiare, punire, trattare secondo il merito. In genere però ha senso positivo, e indica il diritto che con le proprie opere o le proprie qualità si è acquisito all’onore, alla stima, alla lode, oppure a una ricompensa (materiale, morale o anche soprannaturale), in relazione e in proporzione al bene compiuto (e sempre sulla base di un principio etico universale che, mentre sostiene la libertà del volere, afferma la doverosità dell’agire morale) (…)
b. Azione o qualità che costituisce un merito, un giusto motivo per avere stima, lodi e onori: il suo maggior m. è la buona volontà; ha molti m., è ricco di meriti; tu mi attribuisci un m. che non ho; avere meriti verso la società, verso la patria, verso la scienza.
(Treccani, Vocabolario online)
Accademia della Crusca
Meritare è verbo prevalentemente transitivo e significa, oggi, "essere degno di avere, di ricevere qualcosa": tu meriti una promozione, una punizione, sono parole che non meritano attenzione.
Meno spesso significa anche “rendere degno, meritevole qualcuno di qualcosa, dargli quanto gli spetta…
(Accademia della Crusca, Come si costruisce il verbo meritare? Merita rispondere? E quale ausiliare si merita?)
Dizionario Il nuovo De Mauro
mè|ri|tos.m.av. 1294; dal lat. mĕrĭtu(m), der. di merēre “meritare”.
1. l’essere degno, l’aspirare a un riconoscimento, una lode o un castigo: premiare, punire a seconda del merito | diritto alla stima, alla ricompensa, all’elogio, ecc., acquisito in base alle proprie capacità o alle opere compiute: l’onestà è una delle doti da ascrivere a suo merito, nella sua carriera ha acquistato molti meriti, nessuno intende negare i tuoi meriti, sono stati premiati con una medaglia al merito
2. qualità o azione che costituisce un giusto motivo di stima, lode, riconoscimento ecc.: ha il merito di saper riconoscere i suoi torti, questo saggio ha il merito di avere una bibliografia molto aggiornata (…)
(Internazionale, Il nuovo De Mauro)
Dizionario di Italiano del Corriere
merito - [mè-ri-to] s.m.
1 Diritto alla stima, alla riconoscenza, alla giusta ricompensa acquisito in virtù delle proprie capacità, impegno, opere, prestazioni, qualità, valore: premiare secondo il m…
2 Azione opera, qualità degna di stima, di riconoscimento; estens. virtù, pregio, valore: il romanzo ha il m. di ricostruire alla perfezione l'ambiente romano.
(Corriere della Sera, Dizionario di Italiano-Il Sabatini Coletti)
Dizionario di Italiano la Repubblica
[mè-ri-to] ant. Merto s.m.
1 Ciò che rende una persona degna di stima, di ricompensa e sim.: avere molti meriti; il suo unico m. è la tenacia. || estens. Valore, pregio: un poeta di gran m.; …
2 Diritto a essere stimati e ricompensati: acquistare m.; premiare secondo il m. (…)
3 Ricompensa: Dio ve ne renda m.!
(la Repubblica, Dizionario di Italiano)
Come si può notare, nella sua definizione classica il “merito” è uguale alla somma di “talento” e “impegno”. L'etimologia della parola, infatti, richiama anche la componente attiva di un soggetto nel conquistarsi o meno un premio, a seguito di un'azione. E questo vale sia per gli studenti sia per i docenti (o altri componenti della scuola)!
Nei vari articoli che abbiamo letto subito dopo la novità sulla nuova denominazione del ministero dell’istruzione, Ministero dell’Istruzione e del Merito, molti, anche se in maniera diversa, hanno manifestato perplessità se non vere e proprie critiche negative perché la parola “merito” presupporrebbe eventuali ripercussioni infelici su quegli studenti “più svantaggiati” che non hanno strumenti soggettivi né oggettivi che permetterebbero loro di poter raggiungere gli obiettivi prefissati dalla scuola e, pertanto, non potrebbero competere con chi è privilegiato per raggiungere il merito, inteso come ricompensa, premio degno di lode, etc.
Questa interpretazione, però, riguarda soltanto una faccia della medaglia e, soprattutto, non tiene conto degli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Ma quali sono questi obiettivi che il nuovo MIM vuole raggiungere?
Capacità, risultati o ricompense? Spesso le discussioni nascono non solo per il fatto di non essersi assicurati di definire bene l’argomento in oggetto, ma anche per non aver precisato del merito di chi si sta parlando: dei docenti, degli studenti… di entrambi? Già, perché i meriti e i demeriti non possono riguardare solo gli allievi.
Noi ci limiteremo qui a presentare una serie di considerazioni e di riflessioni di carattere generale, frutto di una lunga ricerca… e scelte in modo il più possibile obiettivo e privo di pregiudizi ideologici.
Cosa si intende, quindi, per “merito dei docenti”?
Certamente non è la prima volta che si parla di merito! Esiste una vera e propria storia su come “misurare” il merito dei docenti”. Se ne discute da circa 20 anni. Li riassume il giornalista Simone Lo Presti in un articolo su Orizzonte scuola del 10/11/2022, ricordando anche un’intervista dell’ex Ministro Tullio De Mauro (che approfondiremo nello SCARICABILE 2).
Ma, se vogliamo partire proprio dalla fine di questa ventennale “storia del merito” nei riguardi dei docenti, possiamo dire che oggi è lo stesso PNRR a chiedere il merito, come dimostra il DOSSIER della Camera (con obiettivi e traguardi in scadenza a dicembre 2022) nella Missione 4 Istruzione e ricerca, quando parla del reclutamento e della formazione insegnanti esplicitando che l’intento è quello di incentivare il merito e l’aggiornamento continuo.
Ecco, infatti, quanto scritto esattamente nel DOSSIER: Gli interventi previsti dal PNRR, anche alla luce delle Raccomandazioni della Commissione UE per il 2019 e il 2020, nonché dell’Agenda ONU 2030, si sviluppano su tre direttrici, che nel complesso perseguono un potenziamento quantitativo e qualitativo dell’istruzione, sia nella prospettiva della coesione economico-sociale, sia del rafforzamento della competitività del sistema-Paese.(…) La terza direttrice, infine, ha quale obiettivo il miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti, con l’intento di incentivare il merito e l’aggiornamento continuo.
Quindi, l’obiettivo, secondo il nuovo ministro Valditara, è il miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti, con l’intento di incentivare il merito e l’aggiornamento continuo.
Non solo. Il Merito, afferma il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che il governo medesimo ha voluto aggiungere nella denominazione del Ministero dell'Istruzione, è anzitutto un valore costituzionale, chiaramente affermato e declinato dall'articolo 34 della Costituzione. Favorire il merito significa dare alle scuole infrastrutture e dotazioni di qualità, valorizzare gli operatori scolastici, sintonizzarsi con il mondo del lavoro, agire sulle competenze, fornire gli strumenti per sviluppare un percorso di crescita individuale e collettivo…
(Valditara e la scuola di merito. Il merito è anzitutto un valore costituzionale, chiaramente affermato e declinato dall'articolo 34 della Costituzione)
E il merito degli studenti?
Obiettivo: far raggiungere agli studenti “più svantaggiati” il “merito”, inteso come ricompensa, premio degno di lode, etc… nel rispetto dell’articolo 34 della Costituzione italiana (1948).
La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
E si spera anche dell’articolo 3, che recita: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Vittorio Pelligra, professore di Economia Politica all'Università di Cagliari, nel suo interessante articolo Cambia il nome del dicastero della scuola. La retorica meritocratica, però, tende a trasformarsi in una forma di autolegittimazione delle élites, apparso il 23 ottobre 2022 nel sito Il Sole24ore, dopo aver sintetizzato i pareri diversi di alcuni esperti, si chiede quale strada voglia indicare il nuovo governo inserendo la parola «merito» nella denominazione del Ministero dell’Istruzione. Poiché, come abbiamo già scritto sopra, nella sua definizione classica il "merito" è uguale alla somma di "talento" e "impegno", già in partenza premiare il merito vorrebbe dire, premiare anche il talento, cioè una serie di caratteristiche che l’individuo ha «ereditato» per via genetica, ambientale, familiare. Alcuni studi mostrano, però, che quando ai bambini svantaggiati in partenza viene data la possibilità di frequentare precocemente ambienti "arricchiti" con stimoli sociali ed intellettivi, le lacune possono essere colmate.
(Istruzione, il Ministero ora è anche del “Merito”. Ma attenti alla retorica)
Basterebbe quindi che la scuola riuscisse a dare maggiori possibilità ai bambini svantaggiati?
Secondo quanto scrive nel suo libro John Gardner, ministro della Sanità, dell’Istruzione e del Welfare nell’amministrazione di Lyndon Johnson Via via che l’istruzione diventa sempre più efficace nel portare il giovane brillante ai vertici, diventa un processo di selezione sempre più duro per chiunque ne sia coinvolto […]. Le scuole sono il viale dorato dell'opportunità per i giovani capaci; ma, per la stessa ragione, sono anche l’arena in cui i giovani meno capaci scoprono i propri limiti. Il problema, dunque, paradossalmente, non sono le disuguaglianze, ma proprio la parità delle opportunità perché questa permette “a ogni persona giovane di andare fin dove la sua capacità e la sua ambizione l’avrebbero portata, senza ostacoli come il denaro, la posizione sociale, la religione o la razza".
(Istruzione, il Ministero ora è anche del “Merito”. Ma attenti alla retorica)
Solo garantendo a tutti “pari opportunità”, quindi, la scuola pubblica non tradirebbe la sua naturale vocazione costituzionale!
Insomma, quello che identifica il merito è il fatto che, nonostante le difficoltà, si sia riusciti a conseguirlo. Pertanto il merito va premiato perché la circostanza eccezionale consiste proprio nell’aver vinto quelle avversità per poter svolgere il compito che ci si era preposti… E compito della scuola dovrebbe essere proprio quello di aiutare tutti gli studenti, anche e soprattutto quelli svantaggiati, a vincere le proprie avversità, che siano esse dovute ad una serie di caratteristiche che hanno "ereditato" per via genetica, ambientale, familiare o che dipendano dal loro impegno, frutto di sforzo, di determinazione, caparbietà, intraprendenza… E tutto ciò va riconosciuto e premiato.
Ma è proprio questo il significato della parola “merito” che ha inteso il nostro nuovo ministro Valditara inserendo questa parola nella denominazione del Ministero dell’Istruzione?
Nelle sue prime interviste il professor Valditara ha spiegato che nella parola merito sta la volontà di incidere ancora di più sulla personalizzazione dei piani di studio, anche con una articolazione della funzione docente che consenta di coltivare le potenzialità di tutti, sostenendo chi è in difficoltà e alimentando le capacità dei più bravi. Obiettivo sicuramente condivisibile, ma che se non spiegato e soprattutto se non portato avanti con interventi concreti resterà sola una parola: merito.
Affinché la nostra società sempre più complessa possa funzionare al meglio, insieme al fatto della necessità di avere un gruppo sempre più ampio possibile di persone capaci e competenti, si dovrebbe far in modo di colmare al massimo gli svantaggi iniziali per chi mostra impegno e volontà. La valutazione dei docenti non può esulare dal modo in cui un risultato è stato raggiunto. E, in ogni caso, la cultura del merito dovrebbe “richiamare” anche quella del dovere e della corresponsabilità di scuola e famiglia.
Nel suo interessantissimo articolo Il merito: un tema o un problema?, pubblicato il 6/11/2022, nel sito di Edscuola, la dirigente scolastica Maria Grazia Carnazzola, afferma: Per motivare allo studio e all’impegno è necessario però fare in modo che gli studenti colleghino i loro sforzi e i loro risultati a un riconoscimento esplicito ed equo. In questo modo anche i traguardi conseguiti più lentamente e con fatica sono un merito, qualcosa di cui andare fieri perché dimostrano a sé stessi e agli altri il valore dell’impegno, delle competenze raggiunte, dell’autonomia conseguita. La scuola deve perseguire il merito o l’inclusione? Il problema sta nella o disgiuntiva: i due concetti non possono essere considerati alternativi perché riconoscere il merito di ciascuno significa di fatto includere (il senso di appartenenza rimane altro). Riconoscere il merito significa valutare conoscenze, abilità e competenze, distinguendo i processi formativi e i risultati di apprendimento non perché siano oggetti diversi, ma perché guardano gli stessi oggetti con sguardi e funzioni diverse.
Il processo formativo è il percorso personale attraverso il quale ogni allievo raggiunge gli obiettivi del percorso formativo (conoscenze, abilità, competenze), con tempi, modalità, motivazioni, atteggiamenti diversi, costruendo progressivamente significati e livelli di autonomia operativa e di pensiero. È la funzione formativa della valutazione, è il momento in cui si correggono o si rafforzano gli atteggiamenti, gli apprendimenti, gli errori, le conquiste; in cui si correggono o confermano le strategie di studio e di lavoro utilizzate, dagli studenti o dagli insegnanti, per raggiungere i risultati desiderati. È questo il momento di massima responsabilità degli insegnanti verso gli studenti.
(Il merito: un tema o un problema?)
L’importante è che si continui a riflettere insieme per essere sicuri di ciò che si sta facendo, di come si dirige e si organizza, di cosa si insegna e di come si insegna, di ciò che si esige e di ciò che si permette, di come si può essere ascoltati e rispettati… partendo proprio dalle criticità riscontrate. I nostri studenti hanno bisogno che la politica e le varie istituzioni, famiglia e scuola in primis, trovino urgentemente un orizzonte verso il quale far convergere istruzione ed educazione, competenze disciplinari, trasversali e di cittadinanza, educazione ai valori e costruzione di identità.
Anche perché La conoscenza ha senso solo se consente di confrontarci con le cose essenziali che ci riguardano, con i significati più o meno evidenti delle cose che appartengono al vicino e al lontano, al reale e all’immaginario, al presente e al passato, alla superficie e alla profondità - sostiene Rossella Barletta, scrittrice e giornalista, il 27 ottobre 2022) - Alla superficie (l’informazione) appartengono i significati, la descrizione dei fatti, l’evidente. Il senso invece va oltre la neutralità della superficie, si collega alle esperienze soggettive, dirette o apprese, alla sfera emozionale di ciascuno: va in profondità, usa l’indagine, l’analisi, la comprensione. Si può andare in profondità tutti insieme ma non tutti allo stesso modo, né nello stesso tempo, né alla stessa profondità. L’importante è fare in modo che nessuno si limiti alla superficie: è compito dell’educazione, dell’istruzione, della formazione. La profondità della conoscenza richiede un tempo non contratto, un insegnamento flesso sull’apprendimento di ciascuno, che spinga alla riflessione su ciò che si vive, all’associazione con ciò che è stato, alla prefigurazione di ciò che sarà. Richiede di riconoscere che il processo di apprendimento (l’imparare) postula uno sforzo da parte dell’allievo, e non solo talenti ereditati, sottolineando nel contempo la responsabilità dell’insegnare, partendo dall’improvvisa consapevolezza di dover spiegare qualcosa che l’abitudine e gli automatismi facevano sembrare ovvio. Un insegnare, questo, che sottolinea l’asimmetricità nei rapporti studente-docente e può fondare solo sull’autorevolezza di chi insegna ed evitando di smarrire la fondamentale valenze cognitive e culturali delle competenze chiave a favore dei soli aspetti sociali e relazionali. (…)
E ora dico la mia pur essendo lontanissima dall’ideologia di destra che caratterizza la formazione politica del nuovo Governo. Abbiamo ancora dubbi se, in una società caotica qual è quella odierna, dove decisioni dirigenziali riguardanti il controllo di atteggiamenti spavaldi dell’alunno, il suo abbigliamento troppo disinvolto, il giudizio sul suo deludente profitto scolastico, sempre più spesso affrontato con aggressività dal genitore di turno con spirito da Far West, non abbiano bisogno di un atteggiamento energico e autorevole per il ripristino del rispetto dei ruoli, dei compiti e delle regole? Esprimiamo ancora incertezza se essere favorevoli o contrari all’uso del cellulare in classe, come se si trattasse della indispensabile merenda? Ma stiamo scherzando? (…) Parafrasando l’illustre linguista Bruno Migliorini riporto il suo consiglio: talvolta dobbiamo sforzarci di assegnare a un termine un mutamento di significato; da esso solitamente discendono gli eufemismi; di non essere severi nel giudizio perché spesso la limitazione o la rigidità intravista in una parola, fa apparire sotto un altro aspetto il suo autentico intendimento. Diamo tempo al tempo e tutto apparirà più chiaro e pertinente.
(Scuola, a caccia dell’esatto significato etimologico “…del Merito”)
Ultimissime dal nuovo governo: seduta-fiume per risolvere la questione “Bonus Cultura”. Si tratta di un provvedimento concreto (e… tangibile), non solo simbolico.
Il testo dell’emendamento, approvato all’avvio dell’iter della Legge di Bilancio 2023, che riforma la cosiddetta “Carta Cultura”, nella notte tra martedì 20 e mercoledì 21 ha presentato una nuova formulazione dell’articolo 108, dal titolo “Misure a sostegno della cultura”. È stato attivato un meccanismo premiale per gli studenti più bravi, ma introdotto anche un tetto reddituale familiare a 35.000 euro. Per le premialità per merito scolastico, dal 2023 verranno quindi attivate 2 “card”: una “Carta della Cultura Giovani” ed una “Carta del Merito”.
Per quanto riguarda il merito, va segnalato che i neo 18enni che arriveranno al voto di 100 centesimi all’esame di maturità potranno accedere al dono statale, indipendentemente dalla classe reddituale della famiglia di appartenenza. Sarà possibile cumulare i due benefici: uno derivante dalla classe reddituale e l’altro dai voti alla maturità. Quindi, nel caso di uno studente che ha 100/100 all’esame di maturità ed al contempo appartiene ad una famiglia con un reddito annuo inferiore a 35.000 euro, sarà possibile cumulare i due incentivi. Quindi i più bravi e “meno” abbienti potranno arrivare a beneficiare di “buono cultura” nell’ordine di 1.000 (mille) euro, se i decreti ministeriali che verranno emanati confermeranno l’entità della carta a quota 500 euro.
(Bonus Cultura modificato, il testo dell’emendamento a firma Mollicone)
A cura di Viviana Rossi e Maria Enrica Bianchi
BIBLIO/SITOGRAFIA
• Quaderno di sociologia n. 64 | 2014 Rappresentazioni dell’istruzione e del merito scolastico - La società contemporanea / Scuola e merito: un binomio difficile? Credenze e rappresentazioni sull’istruzione e sul merito scolastico. Merito o fortuna? Il ruolo dell’origine sociale nelle attribuzioni di successo e insuccesso di Renzo Carriero, Marianna Filandri e Tania Parisi (pagg. 73-96)
• Treccani, Vocabolario online
• Internazionale, Il nuovo De Mauro
• Corriere della Sera, Dizionario di Italiano
• la Repubblica, Dizionario di Italiano
• Valditara e la scuola di merito. Il merito è anzitutto un valore costituzionale, chiaramente affermato e declinato dall'articolo 34 della Costituzione
• Scuola, a caccia dell’esatto significato etimologico “…del Merito”
• Il merito: un tema o un problema?
• Istruzione, il ministero ora è anche del «Merito». Ma attenti alla retorica
• Discutiamo di merito e non siamo d'accordo nemmeno sul significato della parola
• Bonus Cultura modificato, il testo dell’emendamento a firma Mollicone
• Come “misurare” il merito dei docenti? Cosa possiamo considerare come “meritevole” e da “premiare”? Se ne discute da 20 anni. L’idea di Tullio De Mauro
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